Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Direttiva plastica, i nodi irrisolti

Direttiva plastica, i nodi irrisolti

Dopo sei anni da quando è stata posta la problematica della dispersione dei rifiuti di plastica nell’ambiente, il 3 luglio è entrata in vigore la direttiva SUP (Single Use Plastic) per ridurre la plastica monouso[1]. Con tutte le aspettative ed i timori, i giubili e le critiche che provvedimenti annunciati con una tale enfasi generalmente si portano dietro. A nostro avviso incomprensibilmente. E vediamo perché in 5 punti.

  1. la prima enorme contraddizione è che, come rilevato dal citato Rapporto McKinsey 2015[2] e osservato dalla stessa Commissione UE nella Strategia sulla plastica[3], la direttiva mira ad arginare un fenomeno che trova fonte all’esterno del suo campo di applicazione. I principali “inquinatori” mondiali infatti sono Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam, Sri Lanka, Thailandia, Egitto, Malesia, Nigeria, Bangladesh, Sudafrica, India, Algeria, Turchia, Pakistan, Brasile, Birmania, Marocco, Nord Corea e Stati Uniti. Ormai sono ben oltre il dumping ambientale, dal momento che la problematica non è la produzione di beni bensì di rifiuti. I quali, una volta finiti in mare, circolano con le correnti producendo effetti globalmente. Se lo scopo è dunque quello di ridurre il marine littering[4], lo sforzo deve essere globale e a ben poco serve che lo sostengano solo le economie europee.
  2. Le nostre vite non cambieranno più di tanto con la direttiva SUP: esaurite scorte e stock (controllo più facile a dirsi che a farsi), mette al bando le cannucce per le bibite, posate e piatti di plastica (ma non i bicchieri, per i quali sarebbe previsto solo l’obbligo di riduzione del consumo), i contenitori usa e getta per alimenti e bevande (ma solo in polistirolo), i cotton fioc (in Italia già vietati dal 2019[5]), i mescolatori per bevande (tipo i bastoncini del distributore del caffè) e cose del genere. Ma non la plastica in generale, senza la quale la nostra società probabilmente non saprebbe più vivere, e dunque resterà un problema irrisolto. Perché si ricicla male in quanto ne esistono tanti tipi diversi. Perché incenerirla immette in atmosfera anidride carbonica e sostanze inquinanti (esattamente come produrla). Perché non è possibile ritrasformarla in petrolio e rimetterla sotto terra. E quindi in ogni caso oltre il 60% potrebbe continuare a finire nell’ambiente e nei mari.
  3. La Direttiva non poteva prevedere che i dispositivi di protezione individuale sarebbero diventati un problema ambientale. Per far fronte alla pandemia da covid-19, ogni mese si consumano nel mondo quasi 130 miliardi di mascherine. Per non parlare di guanti, schermi facciali, salviette. Tutte realizzate con molteplici fibre di plastica, prevalentemente polipropilene e poliestere, che non sono riciclabili ma da incenerire[6]. E che pertanto rimangono nell’ambiente per decenni, se non per secoli, frammentandosi in sempre più piccole micro e nanoplastiche.
  4. Le maglie larghe del recepimento nazionale relativamente alla carta plastificata e alle bioplastiche compostabili (che, poi, tanto compostabili non sono affatto, e forse nemmeno tanto sicuri[7]): l’Italia vorrebbe continuare a consentire queste produzioni. Ma sono polimeri naturali modificati chimicamente, realizzati a partire dalla trasformazione degli zuccheri presenti nel mais, barbabietola, canna da zucchero e altri materiali. Pertanto pienamente inclusi nel perimetro di applicazione della direttiva. Ed inoltre la mera sostituzione delle plastiche non disincentiva l’usa-e-getta a favore di prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili e non tossici. Esattamente come nel caso di quei prodotti in carta rivestiti da un sottile film impermeabilizzante. Perché il problema principale sono i rifiuti. E dunque l’alternativa è lavare e riusare.
  5. I prodotti usa e getta più diffusi sono salvi: bottiglie per acqua e bibite, flaconi di detergenti e detersivi con relativi tappi e coperchi, scatolette e buste per i cibi (ortofrutta compresa), palloncini. Previsto solo un progressivo impegno a carico di tutta la filiera per il riciclo e l’utilizzo di materiali sostenibili. Ma il rischio è che venga tacitamente accettata l’incapacità di recuperare gli imballaggi in plastica o quella ad educare i cittadini a fare il proprio lavoro di cittadini separando adeguatamente i rifiuti conferiti.

GRUPPI RICERCA ECOLOGICA


[1] DIRETTIVA  (UE)  2019/904  DEL  PARLAMENTO  EUROPEO  E  DEL  CONSIGLIO del  5  giugno  2019 sulla  riduzione  dell’incidenza  di  determinati  prodotti  di  plastica  sull’ambiente

[2] McKinsey & Company, Growth within: A circular economy vision for a competitive Europe

[3] Strategia europea per la plastica nell’economia circolare, adottata dalla Commissione Europea il 16 gennaio 2018

[4] Biodegradable Plastics and Marine Litter: Misconceptions, Concerns and Impacts on Marine Environments

United Nations Environment Programme (2015)

[5] LEGGE 27 dicembre 2017, n. 205  – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. (17G00222) (GU Serie Generale n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ordinario n. 62)

[6] Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare – ISPRA – I rifiuti costituiti da DPI usati

[7] Il Salvagente – Pfas nei piatti compostabili della mensa scolastica? Un dubbio che preoccupa

Leave a Reply

Your email address will not be published.