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Emilia Romagna, le vere colpe

Emilia Romagna, le vere colpe

L’alluvione in Emilia – Romagna è l’ennesimo disastro annunciato. Altro che tempesta perfetta e cambiamento climatico.

Perché il clima non è mai statico. E’ cambiato in passato, sta cambiando ora e cambierà anche in futuro.

Certo, 300 millimetri di acqua in 48 ore è un’intensità tutt’altro che comune. E ciò a causa di due alte pressioni: una del vicino Atlantico e una dell’Est europeo. Le quali, di fatto, hanno impedito il movimento di una bassa pressione. Comportando continue formazioni di ‘minimi’ africani che non riescono a transitare verso est.

Un fenomeno raro, ma totalmente naturale. 

Un uomo sempre più urbano ha cementificato fin nelle zone golenali, al di là dei buoni propositi [1]. Cancellando ettari di boschi ripariali.

La periurbanizzazione è un fenomeno anche in Emilia – Romagna, come da tempo riconosce la stessa Regione [2].

Mentre la manutenzione degli argini è pressoché inesistente da quando è passata da ANAS alle amministrazioni locali. D’altronde, quale amministratore non preferisce spendere i fondi per cose visibili? Salvo poi cercare la colpa dei disastri addossandola finanche alle nutrie.

Addirittura a Bologna il torrente Ravone, tombato in molti tratti, ha allagato un’area dove si vorrebbe realizzare una linea tramviaria.

Per non parlare dei bacini di laminazione. Utilissimi, come si è dimostrato nell’efficiente Veneto. Mentre in Emilia – Romagna non sono stati ancora spesi i 190 milioni di euro ricevuti tra il 2015 e il 2022 per realizzare 23 casse d’espansione. Solo 12 funzionano a pieno regime. Due funzionano solo in parte. Nove sono ancora in costruzione. Altre due ancora da finanziare.

Eppure queste casse servirebbero proprio nei casi di eventi di grande portata [3]. Come hanno dimostrato quella sul Samoggia, nel canale Navile, nei Mulini e nel Senio.

Oppure la diga Ridracoli. Dove è stato effettuato un rilascio controllato di 16 mc di acqua per un totale di 700 mila mc di acqua a fronte dei 33 milioni di mc che può contenere. Consentendo di laminare la piena del fiume Bidente che la alimenta.

Gravissima, inoltre, se confermata, l’accusa di non aver speso 55,2 milioni per infrastrutture su un finanziamento di 71,9 milioni di euro ricevuti dallo Stato per la manutenzione dei corsi d’acqua. Come affermerebbe la Sezione regionale emiliana della Corte dei conti nei rapporti 2021 e 2022.

Ed allora, come i GRE sostengono da anni, la vera responsabilità di gran parte dei disastri è della cattiva gestione e della pessima artificializzazione del territorio. Che ha perso le qualità dell’ambiente naturale. A partire dalla capacità di autoguarigione. E ciò ha portato frammentazione ecologica, impoverimento dei suoli, ed una più generale riduzione della resilienza rispetto ad eventi estremi.


[1] Regione Emilia – Romagna. Linee guida per il recupero ambientale dei siti interessati dalle attività estrattive in ambito golenale di Po nel tratto che interessa le Province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. 2007

[2] Regione Emilia – Romagna. Linee guida per il territorio rurale. 2010, pag.8

[3] Giovanni Maria Susin. Le casse di espansione in Emilia – Romagna. L’acqua, 5/2008

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